È un fatto conclamato che fino a
ieri il Fondo Monetario Internazionale predicava politiche economiche di rigore
come la panacea di tutti i mali. Forse per questo motivo destano grande stupore
le ultime esternazioni dell’Fmi secondo cui, per uscire dalla stagnazione e far
ripartire i motori dell’economia “servono investimenti pubblici in infrastrutture,
che aumentano la produttività dell’economie e si ripagano anche in termini di
rapporto tra debito e Pil”.
Questa ricetta, naturalmente,
vale anche e soprattutto per l’Italia. Secondo Fmi, infatti, non bastano solo
gli stimoli finanziari della Bce oppure le 80 euro per far ripartire l’economia
ma servono, appunto, investimenti pubblici in infrastrutture che possano
migliorare la viabilità, il dissesto idrogeologico, le scuole, ecc.
Tutto ciò stride fortemente con
un’altra realtà di fatto: dei 45,9 miliardi di euro dei fondi strutturali
europei per il 2007-2013 destinati all’Italia ne sono stati impiegati solo il
40% poiché il restante 60% resta ancora da finanziare! Questi fondi peraltro
dovranno essere spesi entro il dicembre 2015 e se l’Italia fallisce questo
obiettivo perderà questi denari che andranno ad essere affidati ad altri Paesi
più capaci di utilizzarli.
Sulla questione, nei giorni
scorsi, è intervento anche Adriano Giannola, presidente dello Svimez (Associazione
per lo sviluppo dell'industria nel Mezzogiorno), precisando che «l’occasione di crescita si dissolve nei
mille rivoli della burocrazia, nella sconfinata frammentazione dei progetti
finanziati e nella mancanza di un quadro comune che li contenga. È così che il
Sud, da anni, perde le poche occasioni concesse per recuperare il gap che lo
separa dal resto del Paese e dell’Europa».
Tutto ciò, ovviamente, assume
ripercussioni incredibili sull’occupazione (mai così tanto alta al Sud), e
determina l’ennesima occasione sprecata per creare lavoro (soprattutto tra i
giovani).
Allora cosa è possibile fare per
evitare il peggio?
Innanzitutto occorre chiedere a
Bruxelles, in via del tutto eccezionale, una flessibilità sull’utilizzo
immediato di questi fondi, che dovrebbero e potrebbero essere impiegati, per
esempio, anche nella realizzazione
delle infrastrutture che mancano e, quindi, per l’Ammodernamento della strada
Statale 106 in Calabria! Poi servirebbe prevedere una responsabilità
anche erariale per il mancato utilizzo di questi fondi, in modo che chi
rallenta o cincischia paghi!
Solo così potremmo far fronte alle imprese che chiudono per
mancanza di investimenti, ai cervelli in fuga, ai disoccupati che non trovano
lavoro e, soprattutto, a quanti sulla famigerata “strada della morte”
continuano a perdere la vita.
Fabio Pugliese
Presidente dell’Associazione “Basta Vittime Sulla Strada
Statale 106”
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